cagExperience - review
«Morton Feldman è per me il compositore più importante degli Stati Uniti. La sua musica nasce dalla più profonda ossessione. Non vi è nulla di leggero. Tutto è – fuori moda – greve e profondo, proprio là dove c’è luce e aria, dove è dolce e magico. Tutto di Feldman è sempre arte». Così scrisse Wolfgang Rihm in seguito alla scomparsa del compositore americano (da Conversazioni e scritti. Helmut Lachenmann, Wolfgang Rihm, a cura di Enzo Restagno, Ricordi). E in effetti si potrebbe dire che Feldman operò sul suono un po’ come gli Irascibili usavano il colore, dalla fine degli anni Settanta in poi, inoltre, fu attratto e influenzato dalla ripetitività sottilmente variata dei vari patterns figurali che si trovano nei tappeti del Medio Oriente e proprio in quel bilanciamento sapiente tra simmetria e asimmetria, in quell’arte del frammento, trovò riferimento per Piano, Violin, Viola, Cello.
Questa ultima memorabile composizione completata nel 1987, l’anno della sua morte, ci ricorda la predilezione del compositore americano per le dimensioni dilatate e per un raggruppamento timbrico-strumentale che affianca come specificato nel titolo, tanto essenziale quanto esaustivo, pianoforte, violino, viola e violoncello. Anche in questo straordinario capolavoro, meravigliosamente inciso dal Quartetto KLIMT per Stradivarius (2015), Feldman prosegue verso una marcata estremizzazione delle durate, seguendo quindi la prevalente tendenza delle opere scritte nel corso degli anni Ottanta.
Se per la definizione dei suoi progetti musicali Feldman partì dalla considerazione dell’opera di Mark Rothko e Philip Guston, Cage fu inseparabile amico di Cunningham, Rauschenberg e Jasper Johns con cui formò un quartetto indivisibile. Aria è una delle pagine cageane in cui il rimando raffigurativo-pittografico è a dir poco evidente, creata a Milano nel 1958 per la leggendaria voce di Cathy Berberian. Nel cd Stradivarius “La voce contemporanea in Italia vol. 6” del Duo Alterno – ovvero Tiziana Scandaletti (soprano) e Riccardo Piacentini (pianoforte) – il brano è eseguito, come previsto dall’autore, nella variante per voce e pianoforte con estratti dal Concerto per pianoforte e orchestra composto dallo stesso Cage tra il 1957 e il 1958, mentre una versione per sola voce del medesimo brano la si può ascoltare nell’album “cagExperience” (Amirani Contemporary) di Stefano Luigi Mangia (molto bella, inoltre, la sua interpretazione di Experiences No. 2 su “Unrealities of Tulips and Chimneys” di E.E. Cummings).
L’importanza di questa composizione risiede nel fatto che Cage fu tra i primissimi a fare coincidere e combinare il concetto di immagine, non legata a un effetto acustico, e il suono (seguiranno solo poi la Sequenza III di Berio, Stripsody della stessa Berberian e Lachrimae di Sylvano Bussotti). Cage stesso suggerì il preciso rapporto tra i colori inseriti in partitura e le espressioni vocali (dark blue = jazz; red = contralto; blank = dramatic; purple = Marlene Dietrich; yellow = coloratura; green = folk; orange = oriental; light blue = baby; brown = nasal), in un pentagramma a colori e in cinque lingue.
«Credo che Cage abbia esercitato un’influenza determinante sulla nostra musica, e tuttavia non mi piace la musica che ha composto dopo il 1950», afferma Steve Reich. «Con Morton Feldman le cose stanno invece diversamente: per me è stato molto importante come compositore, e oggi ne sento molto la mancanza come amico. Ho conosciuto Feldman mentre ero impegnato nella composizione di Drumming; lui e John Cage furono presenti a qualche esecuzione privata di quel mio lavoro tenuta nel ’70 o ’71. In quell’occasione Feldman mi disse che la mia musica gli era piaciuta molto, ma io non diedi grande importanza alla cosa, perché a quell’epoca lo consideravo ancora una personalità secondaria rispetto a quella di Cage. Soltanto più tardi ho cominciato a studiare veramente le sue opere, particolarmente quelle degli anni Ottanta, e ho avuto così modo di osservare come alcuni tratti della mia musica risultino nella sua filtrati e sintetizzati attraverso le sue idee di ripetizione e di variazione» (da “Reich”, a cura di Enzo Restagno, EDT, 1994).
Ed è sempre Steve Reich a riconoscere in Piece for four pianos di Feldman il primo pezzo in cui viene applicata quella tecnica di scrittura che agisce sullo sfasamento del suono, il “defasaggio”, che ha così fortemente caratterizzato il lavoro di Reich. Nel suo album “Radio Rewrite” (Nonesuch, 2014) si possono ascoltare, accanto alla più recente title-track, pagine del passato come Piano Counterpoint (1973, arr. 2011), un arrangiamento di Six Pianos realizzato da Vincent Corver (qui interpretato dalla pianista canadese Vicky Chow dei Bang on a Can All-Stars), o Electric Counterpoint (1987), un lavoro per chitarre multiple già registrato da Pat Metheny e nuovamente inciso per l’occasione da Jonny Greenwood. Electric Counterpoint è il terzo di una serie di pezzi – dopo Vermont Counterpoint (1982) per il flautista Ransom Wilson e New York Counterpoint (1985) per il clarinettista Richard Stolzman – con un solista che suona in contrappunto su tracce preregistrate di se stesso.
L’interesse di Reich verso la musica dei Radiohead nasce proprio dall’incontro con Greenwood, il chitarrista della band, a seguito del quale realizza Radio Rewrite (2012) per gli Alarm Will Sound di Alan Pierson. La composizione – per flauto, clarinetto, due vibrafoni, due pianoforti, basso elettrico e quartetto d’archi – è in cinque sezioni e si edifica su due canzoni della formazione rock. La prima, la terza e la quinta parte, intitolate semplicemente “Fast”, sono su “Jigsaw Falling into Place” (da In Rainbows, 2007), mentre il secondo e quarto movimento, più lenti (“Slow”), poggiano le proprie basi su “Everything in Its Right Place” (da Kid A, 2000).
Se Feldman, come sostiene Reich, ha saputo creare una sintesi tra il sistema dodecafonico e il minimalismo, i riferimenti in cui Reich pone la sua musica si collocano in un arco temporale e stilistico più ampio. Partendo da Pérotin, infatti, Reich arriva ad abbracciare, nell’ambito di una scrittura minimalistica, la pronuncia jazz dei maestri be-bop o la musica balinese e africana mantenendo sempre ben salde, anche nel recente incontro con il rock, le radici che ispirano le sue ipnotiche geometrie.
Stefano Luigi Mangia, Gianni Lenoci ‘ CagExperience’
(Amirani Records 2014)
Intrigante questo progetto di Stefano Luigi Mangia (voce) e Gianni Lenoci (elettronica). Il cd include un elegante libretto contenente anche alcuni testi di Cage e un glossario e si presenta, esattamente come promette il titolo, come un’esperienza dell’arte di Cage: un’arte che, stando a quanto suggerisce appunto il glossario, è “sinonimo di vita”. I brani di Cage qui interpretati sono cinque, e restituiscono uno spaccato piuttosto ampio della ricerca sonora, musicale e artistica del compositore americano: dal 1948 di Experience No. 2 (il brano più breve, circa due minuti) al 1992 di Four(quello più lungo, una buona mezzora). È musica che potrebbe definirsi sperimentale, se si vuole, ma la resa è decisamente equilibrata e studiata. E la voce di Mangia si fa decisamente apprezzare (molto nell’ultimo brano). Il compito di cimentarsi con Cage era arduo e direi che l’impresa è riuscita, sebbene in proposito dovrebbe aprirsi un bel dibattito a partire dalla domanda: “con che criteri si giudica la musica di Cage?”. Ma lasciamo perdere e ascoltiamoci il disco. Un must per gli amanti del genere. Per gli altri… beh, Cage (remake inclusi) non è per tutti.
Aggiunto: June 11th 2015
Recensore: A. G. Bertinetto
Link Correlati: Amirani Records Home PageHits: 58Lingua: italian
Stefano Luigi Mangia: Cagexperience (2014)
By ALBERTO BAZZURRO, Published: March 13, 2015 in Italian |
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Stefano Luigi Mangia: Cagexperience
Il trentatreenne leccese Stefano Luigi Mangia si è andato negli ultimi tempi affermando come una delle voci maschili più interessanti del panorama nazionale di ricerca. In questo lavoro monografico
su John Cage, gli è prezioso sodale il corregionale Gianni Lenoci, che le note di copertina accreditano genericamente all'elettronica, mentre è tutto un florilegio di suoni e rumori vari quello che
si dischiude in particolare nel brano più ampio del lotto, "Four6" (mezz'ora, metà disco), vale a dire il primo dei tre (consecutivi) che ne prevedono la presenza.
Qui è per contro Mangia a farsi largamente da parte (a meno che anche per lui la pura e semplice indicazione "voce" non sia da intendersi molto elasticamente), dopo aver posto la propria vocalità al centro dei dieci minuti dell'iniziale "Aria" (che Cage scrisse per Cathy Berberian), cui, a specchio, si contrappone il conclusivo (e molto più breve) "Experiences No.2" (entrambi solitari, come si sarà capito).
In ognuno dei cinque episodi dell'album un ruolo centrale gioca—com'era del resto ovvio attendersi—un'icona assoluta dell'universo cageano come il silenzio (è il caso di ricordare il celeberrimo
"4:33"?), mentre il gesto creativo in sé—come per i tagli di Fontana o la fontana-orinatoio di Duchamp—conta alla fin fine ben più degli esiti formali in quanto tali. Che sono, fisiologicamente,
alterni. Inappuntabile, per contro, il disegno complessivo.
Track Listing: Aria [solo (Milano, 1958)]; Four6 [for four players (New York City, 1992)]; Solo for voice no. 17 [from Songbooks I (Stony Point and NYC, 1970)]; Solo for voice no. 72 [from Songbooks
II (Stony Point and NYC, 1970)]; Experiences No. 2 [solo (NYC, 1948)].
Personnel: Stefano Luigi Mangia: voce; Gianni Lenoci: elettronica.
Record Label: Amirani Records
Style: Modern Jazz
on "The Wire" - Julian Cowley's review
Cage ha dedicato “Aria” a Cathy Berberian, la cui vocalità acrobatica e versatile fu garanzia per galvanizzare la sua partitura. L’interpretazione fiammeggiante con il quale ha inizio il nuovo Cd di Stefano Luigi Mangia, non è meno elettrizzante e drammatica. Durante “Four”, la composizione che segue, Mangia si lava i denti, suona un campanello di biciclette e scuote una specie di sonaglio, con un senso del divertimento e del piacere dei suoni modesti che Cage avrebbe sicuramente apprezzato non meno della brillante ed estroversa interpretazione della precedente “Aria”. Su un Solo estratto dal “Songbooks” di Cage, Mangia segue l'indicazione del compositore stesso, offrendo parole vuote; nell’altro Solo, invece, guaisce come un cane, mentre la canzone finale, “Experience n.2”, è eseguita con la finezza del cantante di ballads. Troppe pubblicazioni discografiche negli ultimi anni sono apparse utilizzando il nome di Cage come un marchio per convalidare i loro contenuti mediocri. CagExperience è tutta un’altra questione.
(Julian Cowley’s review on The Wire 370 – december 2014)
John Cage – CagExperience
Recensioni by Vittorio
www.musiczoom.it
03/01/2015
La Amirani Records di Gianni Mimmo oltre alle registrazioni dedicate alla musica improvvista pubblica con passione alcune registrazioni di opere dei grandi personaggi dell´avanguardia. Non poteva
mancare. dopo Morton Feldman, John Cage, fra l´altro allievo di Arnold Schönberg . A eseguire una serie di sue composizioni c´è la voce di Stefano Luigi Mangia da solo su Aria e Experience No
2, nei restanti brani è accompagnato da Gianni Lenoci agli effetti elettronici. La musica potrebbe sembrare difficile a chi non è uso all´ascolto dell´avanguardia, tuttavia questo invito da parte
della coraggiosa casa discografica ad un pubblico più ampio è da lodare. Aria è un brano che John Cage ha scritto con l´intenzione che sia eseguibile da qualunque voce, maschile o femminile mettendo
a disposizione la possibilità di scegliere fra dieci differenti modalità che devono essere alternate rapidamente. Nella partitura l´intreccio di stili è rappresentato da colori differenti lasciando
poi all´interprete le diverse possibilità di rappresentarli nell`esecuzione. La straordinaria voce di Stefano Luigi Mangia dà nuova luce al tutto, è un caleidoscopio che sorprende e che permette un
approccio nuovo all´ascolto, sorpresi da tutto quello che qui si inventa. Negli altri brani ci sono gli effetti elettronici di Gianni Lenoci che borbottano e mettono la musica in condizione di
esprimersi al di fuori di qualunque tipo di regole accademiche. È un´esperienza d´ascolto inusuale ma che meriterebbe maggiore diffusione, in fondo le teorie di Cage hanno cambiato il modo di
intendere la musica in Occidente.
Genere: Avanguardia
Label: Amirani Records
Anno 2014
Tracklist:
01. Aria solo (Milano, 1958)
02. Four6 for four players (New York City, 1992)
03. Solo for voice n.17 from Songbooks I (Stony Point and NYC, 1970)
04. Solo for voice n.72 from Songbooks II (Stony Point and NYC, 1970)
05. Experiences No.2 solo (NYC, 1948)
Text derived from III, Sonnets “Unrealities of Tulips and Chimneys” (1923)
by E.E.Cummings
Τετάρτη, 17 Δεκεμβρίου 2014
STEFANO LUIGI MANGIA τραγουδώντας John Cage
Στο “Aria” αφιερωμένο στην Cathy Berberian, ο Cage περιγράφει ένα πρώτο επίπεδο φωνητικών timbre, το οποίον όμως ολοκληρώνει ο ερμηνευτής επιλέγοντας τις δικές του λέξεις ή μη λέξεις κατά την διάρκεια της (φωνητικής) άσκησης. Ο Mangiaεπιλέγει μια σειρά παραφθαρμένων λέξεων-φράσεων σε μια μη γλώσσα, «κάπως» γλώσσα ή κανονική γλώσσα (την μητρική του ας πούμε), δίχως να καταφεύγει σε αναγκαστικές ακρότητες. Το 30λεπτο “Four6”, ήταν αφιερωμένο στις Pauline Oliveros, Joan LaBarbara και στους William Winant, Leonard Stein και αρχικώς αφορούσε σε τέσσερις παίκτες, ο καθένας εκ των οποίων θα επέλεγε να παράξει 12 διαφορετικούς ήχους εντός ενός κάπως εύπλαστου χρονικού πλαισίου. Οι ήχοι θα έπρεπε να είχαν σταθερό πλάτος, συγκεκριμένη αντηχητική δομή κ.λπ. Στην περίπτωσή μας το έργο αποδίδεται από δύο (και όχι από τέσσερις παίκτες). Αυτό το κάνει φαινομενικώς πιο γραμμικό, παρότι ταmultiphonics του Mangia και οι επινοήσεις του Lenoci στα ηλεκτρονικά προσθέτουν «επίπεδα». Tα “Song Books (Solos for Voice 3–92)” αποτελούν μια συλλογή σύντομων στο χρόνο συνθέσεων του John Cage. Οι συγκεκριμένες, η «17» και η «72» εννοώ, αφορούν σε φωνή και ηλεκτρονικά, τα soli των οποίων σημειογραφούνται (όταν σημειογραφούνται) μ’ έναν κάπως περίπλοκο τρόπο. Σίγουρα υπεισέρχεται το προσωπικό στοιχείο, υπάρχουν όμως και «οδηγίες» που υπηρετούν το όραμα του Cage(να συνδέσει δηλαδή σ’ ένα «σώμα» δύο από τις μεγαλύτερες επιρροές του, τον Satie και τον Thoreau). Οι Ιταλοί, προφανώς έχουν διαθέσιμη την παρτιτούρα και πιθανώς ακόμη την πλήρη αποτύπωση των “Song Books” από τους Lore Lixenberg, Gregory Rose και Robert Worby στο προπέρσινο 2CD της Sub Rosa. Στο έσχατο “Experiences No.2” του 1948 για σόλο φωνή ο Cageμελοποιεί κατά βάση (για μια παραγωγή του Merce Cunningham) ένα ποίημα του E. E. Cummings (το “III”, ένα από τα “Sonnets-Unrealities” for Tulip and Chimneys του 1923). Ο Stefano LuigiMangia μας χαρίζει ένα μαγικό τραγούδι. Το γεγονός ότι μετέφερε σ’ εμένα ένα κλίμα exotica, είναι μια προσωπική αίσθηση…
MERCOLEDÌ 5 NOVEMBRE 2014
Stefano Luigi Mangia invece omaggia il John Cage della produzione vocale, con "John Cage CagExperience", in cui figurano alcuni brani del compositore americano dediti a quel settore. Si tratta di
riproposizioni storiche e di altre meno note (un paio di brani tratti dal Songbook di Cage), tutte impostate sulla singola voce di Mangia e, laddove previsto, sugli effetti di elettronica di Gianni
Lenoci.
L'"Aria" di Cage del 1958 (qui eseguita solo con l'apporto della propria voce) è una composizione notissima e molto battuta dai cantanti contemporanei: ha una storia particolare, direi anche
avvincente, ed è stata eseguita per Cathy Berberian, in occasione della permanenza a Roma di Cage. Il compositore americano non aveva nessuna voglia di scrivere un pezzo convenzionale e invece
pensava alle qualità della Berberian in funzione di quello che voleva raggiungere: si può certo affermare che un pezzo di storia della vocalità contemporanea è partito anche da questa Aria, in cui il
canto non aveva più lo stesso significato. Mangia, in possesso di una splendida caratterizzazione del proprio impianto vocale, nè dà una versione nobilissima, così come è un piacere riascoltare la
Experiences n. 2, per solo voice del 1948, scritta per le danze di Merce Cunningham.
John Cage è stato il musicista che ha segnato il punto di massima fuga in avanti delle avanguardie del Novecento, con i 4 minuti e 33 secondi di silenzio nel brano intitolato appunto 4'33, ma
anche con le partiture grafiche, l’idea di performance come flusso nel quale tutto può accadere, la pratica di affidare le scelte musicali all’alea del caso.
Americano di Los Angeles, Cage (1912-1992) era sicuramente in debito con l’oriente e il jazz. Nel suo lascito ci sono musiche per la danza (per gli spettacoli del suo compagno Merce Cunningham), un
bel corpus di musica pianistica basata sia sul suono manualmente modificato dello strumento ( il famoso "piano preparato"), sia su un ineffabile tocco senza peso, iterativo e incantatorio ( il
magnifico In a Landscape); infine, ci ha lasciato dei brani per voce sola, la cui esecuzione costituisce una sfida tecnica, interpretativa e filosofica per l’incauto cantante che vi si
cimenta.
Negli anni Settanta ci provò Demetrio Stratos, la voce dei milanesi Area, che era un vocalist (e un personaggio) assolutamnte formidabile. Oggi questa sorta di esame di phd musicale lo
affronta il salentino Stefano Luigi Mangia (non a caso, ammiratore e studioso di Stratos), un musicista che si muove con intelligenza fra il jazz e il contemporaneo, tra la composizione e
l’improvvisazione, tra la sensualità delle ballad e lo studio analitico dell’emissione vocale.
Nel suo disco CagExperience, pubblicato dall’etichetta lombarda Amirani, ci sono cinque brani di Cage “scritti”, o sarebbe meglio dire “creati”, tra il 1958 e 1992: Mangia, con la voce duttile e
pirotecnica che possiede, dà loro vita e senso, coadiuvato all’elettronica dal suo maestro e mentore Gianni Lenoci.
Il risultato è un piccolo gioiello, che bissa a pochi mesi di distanza il felice esito del più jazzistico cd Glad To be Unhappy per la londinese Leo records.
Fabrizio Versienti, Il Corriere del Mezzogiorno, Sept. 2014